I pesci non chiudono gli occhi. Mai. Neppure quando baciano. Per non perdersi nulla, non un solo frammento di quel mondo sul quale lo sguardo dell'uomo si posa appena - sfiorandolo - e poi passa oltre, distratto. Incapace di coglierne l'autentica bellezza. Dovremmo tutti imparare dai pesci.
A dieci anni, per la prima volta, puoi scrivere la tua età a cifra doppia. E' un traguardo importante, il momento perfetto in cui aggiungi lo zero accanto all'uno. Somiglia ad una coppia di innamorati.
E ti senti grande nella testa, ma ancora piccino nel corpo. Un corpo di bambino che cessa, improvvisamente, di rappresentarti, perché il Te "di dentro" non corrisponde più a quello "di fuori". Si guardano, i due. Ma non si riconoscono. Così, finisce che te lo trascini appresso, quel corpo, come una zavorra che ti rallenta il passo ed impedisce la corsa, in attesa che il bozzolo si schiuda e nasca l'uomo nella sua interezza.
A dieci anni, su un'isola del Tirreno, tieni - nella tua - la mano di una ragazzina. Ed allora, impari l'incanto, la forza, il senso profondo del verbo "mantenere". E' un bel verbo "mantenere". Il tuo preferito. Assomiglia ad amare, nella sua declinazione all'infinito. Ma l'amore non è un punto di ristoro per i paurosi, e neppure una culla materna per gli inconsapevoli. L'amore non è per i deboli di cuore.
A dieci anni, dormi sotto i castelli di libri di tuo padre ed impari a conoscere il mondo degli adulti dall'interno. Quella strana ipocrisia al contrario che li fa grandi fuori e piccoli dentro. A dieci anni, gli adulti sono la tua perfetta antitesi.